La storia di Sciacca

Sciacca era precedentemente situata nel territorio di Selinunte che comprendeva le famose “Terme”, conosciute fin dall’antichità come le “Thermae Selinuntiae”, e le “Aquae Selinuntiae”, situate circa venti miglia ad est di Selinunte. Non sappiamo con assoluta certezza quando nacque Sciacca, ma l’ipotesi più probabile è che fosse un luogo fondato o meglio “ripopolato” dagli abitanti di “Selinunte” dopo che la loro città fu distrutta dai Cartaginesi nel 409 a.C. Molti di quelli che riuscirono a sfuggire al massacro, dice Diodoro (90-27 a.C), cercarono rifugio ad Agrigento, ma quando la tempesta cartaginese passò, molti di loro tornarono a ricostruire la loro città o a trovare un nuovo posto nella zona circostante creando un nuovo villaggio che si chiamava “Sciacca”. Passando ai dati storici vediamo che l’antichità di Sciacca è attestata da scrittori come Pomponio Mela (primo secolo d.C) che scrisse che “inter Pachynum et Lilybaeum Agragas est et Heraclea et Thermae” cioè che “tra Pachino e Lilibeo c’erano tre città “Agragas”, “Heraclea” e “Thermae” (“Terme = Sciacca”) e da Strabone (58-25 a.C) che menzionava la “Termà Selinoùntia” (“Terme di Selinunte”). Dopo la distruzione di Selinunte molti si rifugiarono in “Thermae” che divenne più popolosa dato che si tratta di una città di confine, fu per un lungo periodo combattuta tra i Greci, i Cartaginesi e infine i Romani che la conquistarono dopo la prima guerra punica. Con la conquista romana, Sciacca divenne una città importante, un ruolo che mantenne nei secoli, come la principale città “postale” della Sicilia. La caduta dell’Impero Romano segnò anche la fine della prosperità di Sciacca che subì invasioni distruttive da parte dei Vandali e dei Goti. Sconfitti da Giustiniano, la Sicilia passa sotto il dominio dei Bizantini e, durante questo periodo, alcuni monaci eremiti si insediarono nel territorio di Sciacca tra cui San Calogero che cristianizzò alcune persone in diversi luoghi della Sicilia e rimase a Sciacca come eremita in una grotta sul monte Kronio, ora nota anche come Monte San Calogero. Tuttavia furono gli Arabi a segnare per sempre la storia, oltre al nome, di Sciacca. Dal IX secolo, infatti,  iniziarono una politica di espansione nel Mediterraneo e nell’827 conquistarono Mazara e infine, con una diffusa penetrazione nella Sicilia orientale, nell’840 conquistarono anche le “Terme” che passarono sotto il loro dominio “As Saqqa” o Sciacca . Gli Arabi, in seguito, fortificarono la città con mura massicce e una torre che furono ulteriormente rafforzate sotto i Normanni e Federico II (1194-1250). Il conte Roger (1031-1101) costruì il famoso “Vecchio Castello”. Sciacca fu dominata dai Normanni e dai loro discendenti per molti anni, in particolare era governata dai discendenti di Giliberto Perollo, un borgognone venuto in Sicilia sulla scia del conte Ruggero la cui figlia si sposò. Dal 1208 Sciacca e la Sicilia furono governate dalla potente figura di Federico II e poi dai suoi discendenti fino all’avvento di Carlo d’Angiò (1226-1285). Sciacca partecipò anche alla cosiddetta “Guerra dei Vespri” contro il dominio di Angiò e  quindi la città fu governata da Guglielmo Peralta che fu responsabile della costruzione del “Nuovo Castello”. Per tutto il XVI secolo Sciacca fu il centro delle lotte tra le potenti famiglie locali di Peralta, Perollo e Luna. Tra il XVII e il XVIII e XIX secolo, la città fu governata prima dagli spagnoli e poi dai Borboni, fino all’unità d’Italia nel 1861.

Il Castello Luna

Il castello Luna è situato nella parte alta nord-est della città di Sciacca, sul limite esterno della antica cinta muraria; da questa parte esso domina ancora la vallata, che si apre ampia e profonda subito dopo la circonvallazione che costeggia le mura; da qui è possibile scorgere la costa. Venne costruito nel 1380 da Guglielmo Peralta. Passò in mano dei Luna quando Margherita, una delle tre figlie di Nicolò Peralta (figlio di Guglielmo), sposò il conte Artale di Luna. Il castello si erge su massicce rocce, in posizione dominante nella parte più a est della città ed è una parte perimetrale delle antiche mura cittadine, che esistono ancora in parte oggi.
Consiste di quattro parti: le mura, la torre, il palazzo dei conti e la torre cilindrica. Le pareti, che erano una difesa esterna, avevano un piano poligonale e consistevano in pareti alte e solide. All’interno del perimetro delle mura c’era la torre principale, a pianta quadrangolare, che superava di gran lunga l’altezza del complesso di edifici e la cui funzione era quella di sorvegliare le pareti, l’esterno e il cortile interno. Rimase intatto fino al 1740, anno in cui un terremoto la danneggiò violentemente, tanto che oggi rimane solo la base. Mentre una torre cilindrica su due piani esiste ancora, nella parte sud del perimetro delle mura. Il palazzo del conte, a pianta rettangolare, si trovava nella parte occidentale del castello tra la torre principale e quella cilindrica. Era composto da un piano terra, usato come casa di servizio, e da un piano superiore dove il conte viveva con la sua famiglia. Oggi rimane l’alto muro esterno con quattro grandi finestre. L’ingresso era situato nella parte nord del castello ed era dotato di un ponte levatoio. In questo modo si entrava nel cortile dove, nella parte sud, c’erano le stalle e le stanze dei soldati, oltre a una cappella dedicata a S. Gregorio e, sul lato destro, c’era una scala che portava al piano di nobili. Il Castello Luna di Sciacca non ha una dimensione sproporzionata ma, non senza la sua natura monumentale, rappresenta uno degli esempi interessanti di architettura civile e militare del 300 esistenti in Sicilia. Per la sua posizione dominante su Sciacca, costituisce un elemento caratteristico e suggestivo del panorama, a cui conferisce lucentezza, importanza e una forma inconfondibile. Il Castello Luna è legato alla leggenda del “Caso di Sciacca”, una sanguinosa battaglia tra due nobili famiglie medioevali (famiglia Luna di origine catalana e famiglia Perollo di origine normanna) che afflisse la città per due secoli.

Le Porte di Sciacca

Sciacca, in passato, era delimitata da mura difensive in caso di attacchi esterni. Per entrare e uscire dal paese le persone usavano le porte chiamate: Porta Palermo, Porta S.Salvatore, Porta di Mare, Porta Bagni e Porta S.Calogero. La Porta Palermo fu costruita durante il regno di Carlo II di Borbone nel 1753 e conserva le porte di legno e il simbolo della famiglia regnante: l’aquila con le ali spiegate. La Porta S. Salvatore è la porta più ornata e la più antica e conduce direttamente nel centro storico della città. Oltre ad essere la più antica, è anche la più bella con il suo stile puramente rinascimentale con due colonne e un arco. Alla base delle due colonne ci sono due elefanti che sembrano sostenere la costruzione, la facciata è finemente decorata con arabeschi, rosette, teste leonine e bassorilievi rappresentanti due leoni. Nella parte superiore ci sono tre stemmi che rappresentano l’antico stemma della città, quello della casa d’Austria e quello della famiglia Sotomajor che volle la costruzione di questa porta. Le porte precedenti ci hanno indicato alcune informazioni e, con la porta di S.Calogero, sono le uniche che conserviamo ancora oggi.

Il Castello Incantato

Alle falde del Monte Kronio e a pochi chilometri da Sciacca sorge il “Castello Incantato”, suggestivo museo all’ aperto ricco di mistero e fascino. Uno spettacolo creato dall’ inventiva dell’uomo e della natura dove, oltre agli ulivi e ai mandorli, sorgono migliaia di teste scolpite sulla roccia, sui rami e sui tronchi degli alberi ad opera dell’artista saccense Filippo Bentivegna detto “Filippu li testi”. Le sue sculture sono varie e rappresentano personaggi noti e sconosciuti, diede loro nomi inventati e simboleggiavano i soggetti del regno in cui era il “Re”. Filippo, infatti, amava essere chiamato dalla gente “Sua Eccellenza” e, dopo la sua morte, la proprietà e le oltre 20.000 sculture furono completamente abbandonate e molte opere furono in parte distrutte e perdute. Al centro del podere sorge la piccola casa dove viveva Bentivegna e nelle pareti vi sono alcuni dipinti che raffigurano grattacieli e pesci. Questo posto così incantato con aria misteriosa è sempre stato, negli anni, una meta obbligatoria per i turisti che soggiornano a Sciacca. Alcune sculture di F. Bentivegna sono esposte nel “Museo Art Brut” di Losanna, realizzato in ricordo di Debuffet.

Le “Stufe di San Calogero”

Il Monte San Calogero è alto 395,48 metri sul livello del mare e si trova a 10 o 45 di longitudine est e a 37 o 24 di latitudine boreale. La sua formazione geologica si avvicina di più al periodo di transizione che al vulcano primitivo. La sua roccia è prevalentemente di calcare ferruginoso, i minerali predominanti sono lo spato calcare, la silice, l’allumina, la magnesia e l’ossido di ferro in abbondanza. In questo Monte vi sono molte caverne, ma l’antro che suscita però maggiore attrazione è quello detto “Stufa di San Calogero”. Lì la temperatura varia tra i 36 e i 42 °C secondo le stagioni e le ore, al suo interno si possono osservare lavori di scalpello ed alcune lettere incise illeggibili che lasciano pensare ad un’origine greca e saracena, si possono notare dei sedili e dei poggi dove venivano situati gli ammalati e si vedono anche delle buche dove mettere il braccio o la gamba dell’ammalato per ricevere gli effetti desiderati. Nel 1880 il Consiglio Comunale di Sciacca incaricava il prof. Silvestro Zinno di stilare un’analisi dettagliata per accertare la composizione chimica delle acque e, se così fosse, il Comune avrebbe preso la decisione di fondare uno stabilimento termale adatto ai bisogni del paese. Dopo aver compiuto i suoi studi, il prof. Zinno concludeva che le affezioni artritiche, reumatiche e simili, possono essere guarite dai vapori del famoso e sorprendente antro di San Calogero e che l’acqua, indicata per i reumatismi, è benefica anche in alcune nevrosi quali nevralgie, sciatica e le dermatosi accompagnate da intenso prurito. La durata delle sedute varia dai dieci ai venti minuti, secondo la tolleranza individuale. La Stufa di San Calogero può produrre risultati sorprendenti ad esempio può liberare l’organismo da qualche principio morbigeno o scuotere il sistema nervoso. Un contributo alle guarigioni lo dà anche l’aria che si respira sul Monte. Il santuario basilicale di San Calogero fu costruito nel 1530 e appartenne al Terz’Ordine Regolare di San Francesco di Penitenza dal 1948. Papa Giovanni Paolo II lo fece diventare statuto di una basilica minore nel 1979 e contiene una statua del Santo, prodotto da Antonello Gagini.

Il Corallo di Sciacca

Il Corallo di Sciacca affonda le proprie radici in una parentesi storica eccezionale legata all’emersione di un’ isola vulcanica dalle profondità del Mar Mediterraneo, poi denominata Ferdinandea. L’isola, oggi sommersa, si trova al largo del Mediterraneo tra Sciacca e Pantelleria. Secondo la leggenda, questo autentico tesoro sommerso che gode di caratteristiche uniche al mondo, fu scoperto attorno all’area dell’isola Ferdinandea nel lontano 1875 da un capitano di paranza detto “Bettu Ammareddu”, che stava pescando con Bertu “Occhi di Lampa” e Peppe Muschidda. Improvvisamente perse la collana che era un regalo, un segno d’amore e un portafortuna datogli dalla sua amata Tina e allora si tuffò nell’acqua per cercare la sua collana e scoprì i campi di corallo. Il poema intitolato “La corallina” del poeta di Sciacca Vincenzo Licata descrive il momento della scoperta. Il corallo di Sciacca, varietà del “corallium rubrum”, è composto da lunghi rami affusolati e le sue dimensioni, in genere, non superano gli 8-9 millimetri di diametro. Il principale banco di corallo, Banco di Graham, si trova a 30 miglia dalla costa di Sciacca: la sua colorazione eccezionale e diversa da tutti gli altri tipi di corallo va dalla sfumatura più pallida a quella più intensa del rosa salmone, presentando a volte delle macchie di colore giallo tendente al bruno o perfino al nero. In quanto frutto della natura e del mare, ogni ramo risulta essere un pezzo unico ed inimitabile, un’originalità che Nocito, Sabrina Orafa e L’Oro di Sciacca esprimono in lavorazioni altrettanto esclusive che ne esaltano l’essenza.

Il Carnevale di Sciacca 

Il Carnevale di Sciacca, grazie alla sua tradizione ultracentenaria, è il più antico in Sicilia ed uno dei più famosi in Italia. I carri di cartapesta alti fino a 12 metri, i festosi costumi e le musiche originali sono realizzate interamente da artisti di Sciacca. Il Museo del Carnevale di Sciacca è lo scrigno magico che custodisce la memoria di più di 100 anni di storia di questa meravigliosa festa. Un viaggio avvincente attraverso la storia non solo di una festa, ma di una vera e propria macchina del divertimento per grandi e bambini. Inaugurato nel 2010 al centro di un giardino che domina una terrazza sul mare, conserva al suo interno bellissime testimonianze del Carnevale di Sciacca tra le quali una collezione di plastici, circa 100, che sono la riproduzione in miniatura dei Carri Allegorici che hanno partecipato alle precedenti edizioni della festa. Sono opere d’arte realizzate interamente in ceramica modellata e decorata a mano dagli artisti di Sciacca.  L’anticamera del Museo è già un tuffo all’interno del colorato mondo della cartapesta: sarete circondati dalla ricostruzione di alcuni dei più affascinanti Palazzi storici di Sciacca che sono vere e proprie parti di carri allegorici del passato qui opportunamente ricostruiti. Attraverso l’ingresso si accede nella prima area del Museo dove la galleria fotografica, di cui una parte in 3D, ci offre i più suggestivi fermo-immagine del Carnevale di Sciacca. Successivamente sono esposti alcuni costumi storici del Carnevale di Sciacca e ognuno è strettamente legato al tema – allegoria del carro di appartenenza diventando testimonianza della grande cura riservata al travestimento in maschera durante i giorni di festa. Continuando con il percorso si accede all’area delle miniature  dove i famosi Plastici dei Carri Allegorici del Carnevale di Sciacca sono realizzati tutti a mano dai numerosi artisti della tradizionale Ceramica artigianale.

Il Porto di Sciacca

Il porto di Sciacca svolge prevalentemente attività peschereccia e commerciale ed è costituito da circa 500 natanti tra pescherecci e piccole imbarcazioni che ogni anno sbarcano, dopo le loro battute di pesca, più di 4000 tonnellate di pesce azzurro. Le tipologie di pesca praticate nel tratto di mare interessato sono: lo strascico, la sottocosta e il palangaro. La varietà di pesce più pescato rientra nella famiglia del pesce azzurro a cianciolo che viene lavorato a terra dalle numerose industrie ittico conserviere ed esportato in tutto il mondo facendo di Sciacca il primo produttore europeo. E’ un rumoroso festival dei sensi quando i pescherecci attraccano al lungo molo nel porto di Sciacca: tonnellate di pesce e frutti di mare freschi salgono sulla banchina che serve ora come piazza, come mercato. Su il sipario per questo spettacolo meridionale a colori forti dove i pescatori diventano mercanti teatrali che offrono la loro merce che luccica in rosso-oro-argento. Il mare color turchese e la città vecchia di Sciacca fanno da scenografia e l’aria sa di Sud quando la salsedine incrocia i raggi del sole.

La Ceramica di Sciacca

Sciacca non è solo mare, terme e beni culturali, ma è anche artigianato. Passeggiando per il centro storico di Sciacca è impossibile non accorgersi della presenza di numerosi punti vendita di coloratissime ceramiche dalle più svariate forme e dimensioni. La ceramica a Sciacca costituisce un importante elemento di attrazione per tutti coloro i quali desiderano possedere almeno un oggetto della vasta e pregevole produzione ceramica saccense che vanta, inoltre, origini antichissime. L’artigianato Saccense trova la sua espressione nella ceramica maiolicata e si racconta che nel 1282 le fornaci producevano dei manufatti invetriati. L’origine della ceramica a Sciacca risale all’ VIII – VI millennio a.C. e rispetta ancora oggi le forme e i colori dell’antica tradizione grazie all’istituzione della Scuola d’Arte “Giuseppe Bonachia” di Sciacca, così chiamata in memoria del grande maestro Saccense maiolicaro. A Sciacca esistono una cinquantina di botteghe artigiane che propongono numerose maioliche quali: vasellame da tavola, pupi, ceramiche d’arredamento, mattonelle votive, piatti, vasi e boccioni decorati con colori blu, verde ramina, giallo paglia, arancione e turchese che erano e sono rimasti cari ai maiolicari Saccensi. Negli ultimi anni, grazie a una politica Comunale e Regionale favorevole, l’associazione ceramisti Saccensi ha saputo creare intorno alla ceramica un vasto interesse di pubblico per questo peculiare prodotto ottenendo riconoscimenti per il pregio della maiolica e ha saputo anche creare le condizioni di mercato per un export su tutto il territorio nazionale.

La Basilica della Madonna del Soccorso

Nel 1108 la figlia del conte Ruggero, Giulietta la Normanna, la fece realizzare al centro dell’antico quartiere Ruccera. La Signora di Sciacca, dal 1100 al 1136, rappresenta gli eventi personali con Roberto I di Bassavilla, un legame ostacolato dal padre, con quelle della penitente peccatrice, alla quale ha dedicato il tempio più grande tra quelli promossi e costruiti nella Signoria di Sciacca. Un’altra versione attribuisce l’edificio a Padre Ruggero d’Altavilla come voto di ringraziamento alla Vergine Maria sotto il titolo di “Assunta”. I membri della famiglia Altavilla erano soliti radunare chiese e cattedrali nei luoghi in cui si svolgevano le più sanguinose battaglie contro l’invasore arabo, un evento che si svolse nel lungo processo di ricristianizzazione dell’isola. Tuttavia, il 1 ° febbraio 1626 l’intera popolazione iniziò un pellegrinaggio, chiamato “U Vutu”, dalla Chiesa di Sant’Agostino alla Chiesa Madre per liberare la città dalla peste. Il giorno seguente la statua della Madonna si unì al pellegrinaggio portata da un grande gruppo di marinai e, giunti nella zona della Piccola Maestranza, un fulmine cadde dal cielo limpido e sereno e colpì i piedi della Madonna. In quel preciso istante fu liberata una nuvola di fumo che si diffuse in tutta la città e avvenne il miracolo della liberazione dei saccensi dalla peste. Da quel momento, Nostra Signora del Soccorso è diventata la patrona di Sciacca e due volte l’anno, il 2 febbraio e il 15 agosto, viene portata in processione a spalla e a piedi scalzi dai marinai saccensi in una vara seicentesca, pesante alcune tonnellate, ornata da gioielli d’oro, argento e in corallo donati dai devoti.

Le Spiagge di Sciacca

La varietà del mare e delle coste consente di soddisfare tutte le diverse esigenze dei turisti che vengono nella nostra città.
Vicino alla città, raggiungibile anche a piedi, la prima spiaggia che incontriamo è quella dello Stazzone, subito dopo la spiaggia del Lido, la Tonnara e Foggia, tutte caratterizzate da spiagge sabbiose. Le spiagge di San Marco, Renella e Maragani sono caratterizzate da piccole e grandi aperture a volte sabbiose e talvolta rocciose, considerate paradisi per nuotatori e sommozzatori.
Ad est della città, seguendo la vecchia strada per Ribera, troviamo prima la spiaggia di Sovareto con sabbia fine, proseguendo sulla stessa strada con gli ingressi che portano a piccole e ampie insenature troviamo le spiagge di Timpi Russi e di San Giorgio tutte con sabbia fine. In quasi tutti i luoghi sopra descritti è possibile trovare stand, ristoranti e stabilimenti balneari.

L’Isola Ferdinandea 

La Sicilia è conosciuta da tutti i popoli del Mediterraneo come una “Terra di Fuoco”. Tra i suoi vulcani, insieme all’Etna, alle isole Stromboli e a Vulcano, c’ è anche l’isola Ferdinandea che è l’ ultima nata e sicuramente la più irrequieta. Il 28 giugno 1831 violentissime scosse di terremoto sconvolsero la costa saccense arrecando gravi danni e sollevando serie impressionanti di onde anomale. Esse durarono fino al 10 luglio e furono avvertite fino a Palermo. In quei giorni a Sciacca avvennero una serie di fenomeni straordinari: i pescatori che rientravano dalla pesca riferivano di una zona in cui il mare ribolliva con violenza e di pesci morti a galla, gli oggetti d’argento si annerivano a causa di un fortissimo odore di zolfo e dalla piazza centrale del paese fu notata una netta colonna di fumo che si innalzava dalla superficie del mare. Il 17 luglio, tra boati ed esalazioni sulfuree, con la sua colonna di fumo nero emerse dal mare anche una nuova isola. Essa nacque rapidamente in dimensioni ed altezza grazie alle pomici, lava e lapilli che eruttavano violentemente dalle due bocche del cratere che era emerso dalle profondità marine. Si trovava su quello che veniva chiamato dai Siciliani la ”secca di mare” e dagli inglesi di Malta il ”banco di Graham”, circa 30 miglia a sud di Sciacca. Partì proprio da Sciacca la prima delegazione in perlustrazione e il comandante della spedizione, Michele Fiorini, piantò sull’isola un remo in segno di primo scopritore. Nell’agosto del 1831 le eruzioni, che fino ad allora erano state violentissime, cessarono.  L’isola risultava con una circonferenza di 4800 m e si innalzava ripida da un fondale di 200 m fino ad un’ altezza massima di 70 m sul livello del mare con due laghetti di acqua salata e acida al centro dei crateri che avevano generato l’isola. Fu oggetto di studio dei più famosi scienziati francesi, inglesi ed italiani tra cui ricordiamo il prof. Gemellaro. Il 2 agosto il capitano Sanhouse piantava la bandiera inglese nel punto più alto dell’isola battezzandola “Isola di Graham” e il 17 Agosto Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, con atto regio la annesse al proprio regno col nome di “Isola Ferdinandea”, in onore di se stesso. Per il popolo era soltanto “l’isola di Sciacca” e in effetti l’isola nuova nata interessava a molti per la sua posizione. Oggi l’isola Ferdinandea si trova ad una profondità di 8 m ed è ancora nel cuore della gente come testimonia una lapide commemorativa posta dai subacquei sulla sua sommità.